Via San Biagio (Comiso)
Il castello si trova all’ingresso della città e risale al 1300. E’ un edificio massiccio, appoggiato ad una solida torre quadrata ricostruita dopo il terremoto del 1683
Al tempo dei Borboni, Il castello rimase abbandonato, finché nel 1841, una parte di esso venne trasformata in teatro, passato successivamente al Comune, e la parte bassa fu adibita a carcere mandamentale. Ai giorni nostri il castello è di proprietà della Famiglia Nifosì, discendente dai baroni di Canalazzi, che attualmente alla base ancora lo abita. A sinistra di chi entra nel castello troviamo la parte più antica: un battistero dedicato a san Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina e risalente intorno all’anno mille; di forma ottagonale, il battistero, alla sommità diventa di forma cilindrica ed si completa con un elegante cupola. La parte nord del castello è caratterizzata da un’elegante trifora serliana, meglio conosciuta come Loggetta, che richiama lo stile cinquecentesco e che presenta pareti affrescate con paesaggi e voli di uccelli; questa loggia fu aggiunta al castello nel 1728, su progetto del genovese Michelangelo Canepa. Sono altresì presenti due portali ogivali, di cui uno è chiuso da una massiccia porta ferrata a grosse bugne risalente al 1400; una splendida fontanella inserita nella parete e risalente al Cinquecento attribuita al Gagini o alla sua scuola; un fusto di fontana del 1600 circa, in pietra locale riccamente scolpito, conservato nel cortile interno. Si potrà vedere anche un sotterraneo che collega la struttura con la contrada “Vigna del conte “
Secondo una leggenda il conte era assediato dentro il suo castello dai suoi nemici per molti giorni e l’assedio non accennava a finire, tanto che le scorte alimentari scarseggiavano. Allora una notte, mentre era in preda all’angoscia, gli apparve San Biagio, il quale lo rassicurò dicendogli che la penitenza sarebbe finita se egli avrebbe digiunato e seguito un suo consiglio: doveva fuggire attraverso un canale sotterraneo e, uscito in aperta campagna, avrebbe incontrato un pastore dal quale avrebbe dovuto acquistare delle ricotte, che, tornato al maniero, avrebbe dovuto gettare sugli assedianti. Il conte, essendo un uomo pio, seguì il consiglio del santo, e avvenne come era stato predetto: il conte si arrese e si mise a buttare sugli accorsi quelle ricotte a una a una. Al che, avendo persuaso i nemici dell’impossibilità di prendere la torre per fame, li indusse a togliere l’assedio. Così castello e paese furono salvi.
Il Castello è fruibile al pubblico sotto prenotazione: Per informazioni e prenotazioni: 393 4466179 / 3397933593
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